Perché le Newsletter sono (ancora) importanti

La mail e la comunità, i contenuti e quelle tematiche. E ancora: metriche, commenti, sondaggi. Tutto quello che ci deve essere in uno degli strumenti più usati per emergere dal mare di notifiche. Il mio articolo per Wired.it

Goffredo d'Onofrio
4 min readJul 4, 2018

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La Newsletter è viva. La Newsletter è morta. La Newsletter non serve a niente. Viva la Newsletter.

A giorni e mesi alterni sentiamo più o meno le stesse cose: vale per le App, per i Bot, vale per il podcast, vale — appunto — per le mail. Che però, sempre di più, vengono utilizzate da testate, aziende, brand, singoli professionisti come elemento fondamentale della propria strategia editoriale. Nel 2015 un bel pezzo di Antonio Sgobba ne raccontava la storia e parlava di qualche caso studio, anche italiano.

Come siamo messi oggi? Qualche tempo fa da una chiacchierata con Alessandra Farabegoli — una delle massime esperte di email marketing in Italia — è venuto fuori che «Siamo tutti sommersi da messaggi, abbiamo molte più cose da fare e da leggere che non abbiamo tempo e attenzione “fresca”. La Newsletter che mandiamo sta in mezzo ad altri venti nuovi messaggi arrivati nella Inbox e fa a gara con le notifiche di WhatsApp e i post degli amici su Facebook: non solo deve avere un senso e un’utilità per chi la riceve, non solo deve arrivare “al momento giusto”, ma va anche costruita facendo capire subito “cosa c’è dentro”, a partire dall’oggetto e dall’anteprima».

Farsi spazio, quindi, tenendo a mente chi è il nostro pubblico e perché gli stiamo scrivendo, cercando di avere sempre chiari gli obiettivi e monitorando i risultati. Se si vuole creare una Newsletter tematica, ad esempio, un’ottima strategia è quella di interpellare la propria comunità, per capire se è effettivamente rilevante per quel tipo di audience.

Lo fa molto bene inside.com con un meccanismo molto semplice: crea l’argomento, fissa un obiettivo (2000 iscritti, ad esempio) e fa partire la Newsletter solo se lo si è raggiunto. L’ha fatto altrettanto bene il Washington Post per i Mondiali di Russia. La testata americana ha proposto un vero e proprio sondaggio ai propri lettori sui social. Domande semplici come: “Sei interessato? Ogni quanto vuoi ricevere i contenuti? Dove vivi? Ti piace un altro sport oltre il calcio?”. Risultato: il 76% di coloro che hanno risposto voleva una Newsletter dedicata. Accontentati.

Un altro tipo di strategia che sta prendendo piede è la short-run Newsletter, in un rapporto sempre più stretto tra chi scrive e chi riceve il contenuto, in relazione con l’attualità e gli interessi. È la famosa nicchia o verticalità tematica di cui si parla da un po’.

Insomma, la Newsletter è un modo efficace ed essenziale per comunicare con il proprio pubblico e — perché no — per monetizzare. Già, perché mentre gli Instant Articles di Facebook sembrano essere stati un flop (e, nel mentre, Google sorride sorniona), le Newsletter con pubblico e contenuto studiato e specifico sono anche un modo per tirare su qualche soldino.

«Ci sono due parametri che misurano la pressione della nostra Newsletter», dice Clara Attene, coordinatrice editoriale di Good Morning Italia, una rassegna quotidiana di notizie nata nel 2013. «Uno è l’open-rate, l’altro è il tasso di apertura dei link che scegliamo di inserire». Cover the best and link the rest, come si dice. Senza paura. «Il contenuto della Newsletter influenza anche la scelta stilistica. Se parli di moda e food le foto ne fanno da padrone: puoi creare una specie di timeline di Instagram. Noi abbiamo scelto di non andare oltre le 1000 parole: è il giusto equilibrio».

E cosa non può mancare in una Newsletter? Il punto centrale, spiega Clara Attene, è «il rapporto con gli utenti / lettori. Abbiamo fatto tanti cambiamenti da quando siamo nati. Le metriche ti danno il polso asettico della situazione, poi ci sono i commenti, i social, le persone. Le loro osservazioni aiutano a cambiare in meglio e a modificare. Che è fondamentale se ogni giorno entri nella posta delle persone e chiedi la loro attenzione e partecipazione».

Naturalmente, ci sono anche delle accortezze tecniche da tenere in considerazione. Che riguardano sia la creazione della Newsletter in sé, sia l’analisi dei dati.

Tanto per cominciare, il peso. Se è superiore ai 102KB potrebbe creare problemi con l’analisi delle metriche, open-rate su tutti. Sempre a proposito del peso e, di conseguenza, del template: considerare sempre che la Newsletter deve essere concepita mobile-responsive. Con ogni probabilità verrà letta sullo smartphone. Quindi: caratteri grandi e Immagini / GIF (non troppo pesanti, of course).

Quante volte capita: “Bella questa newsletter, la giro a mio fratello che non è iscritto”. Tasto Inoltra e via. Bene. Quando analizzo le metriche posso immaginare una campagna dedicata solo a chi inoltra i miei contenuti con costanza (magari considerandolo un ambasciatore e premiandolo, per esempio, con uno sconto?).

Insomma, la Newsletter non è affatto morta. È viva e lotta intensamente per non finire nello SPAM come l’oltre 50% delle mail che riceviamo e il resto dei messaggi che ci attraversano tramite gli altri media. La differenza è che una buona Newsletter, forse più di altri canali, è capace di creare valore alla comunità che la riceve nel tempo e, ovviamente, anche a coloro che la producono.

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